Reporter Senza Frontiere condanna il rafforzamento dei sistemi di filtraggio e bloccaggio della rete Internet recentemente adottati dal regime iraniano.
Di seguito la traduzione completa del comunicato.
L’uso dei principali strumenti di aggiramento della censura VPN come Kerio e l’Open VPN è stato bloccato in Iran a partire dal 4 maggio scorso, ciò che sta rendendo estremamente difficile per gli iraniani l’accesso ad un web non filtrato.
Questa misura è stata ulteriormente aggravata dall’arresto di netizen come Ali Ghazali, redattore del giornale online Baztab Emrooz, avvenuto il 4 maggio.
“La Repubblica islamica dell’Iran ha sottoscritto molte convenzioni internazionali, fa parte dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni, dell’UNESCO e della Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo, ed è uno dei paesi più attivi nel World Summit on the Information Society, che terrà il suo prossimo forum internazionale a Ginevra dal 13 al 17 maggio”, afferma Reporter Senza Frontiere.
“Come tutti gli altri paesi aderenti a tali convenzioni, l’Iran è tenuto a rispettare i suoi obblighi internazionali, che includono il dovere di autorizzare l’accesso a Internet senza restrizioni. Le autorità iraniane dovrebbero far corrispondere le loro azioni alle loro parole, invece di imporre un apartheid digitale contro il popolo iraniano mentre danno la parola alla comunità internazionale che rispetteranno il flusso libero dell’informazione.”
“Alla vigilia della registrazione delle candidature per le elezioni presidenziali del 14 giugno, il regime non si accontenta più di esercitare solo un controllo continuo su tutti i giornali del paese, di creare interferenze sui canali televisivi che trasmettono via satellite in Iran e di bloccare migliaia di siti web. Esso intende d’ora in avanti disconnettere Internet e in tal modo privare gli iraniani di una fonte vitale di notizie e informazioni. L’isolamento mediatico in cui il regime vuole far sprofondare il paese è qualcosa che è di gran lunga al di sotto delle condizioni che è necessario garantire per avere elezioni libere e democratiche.”
Baztab Emrooz (www.baztab.net/), un sito web critico nei confronti del governo Ahmadinejad, e che era stato già bloccato quattro volte negli ultimi tre anni, è di nuovo inaccessibile dal 29 aprile scorso, all’indomani della pubblicazione di un articolo in cui si affermava che il presidente Ahmadinejad è in possesso di una registrazione segreta dal contenuto esplosivo.
Questo il contenuto dell’articolo: “Mahmoud Ahmadinejad è presumibilmente in possesso di una registrazione in cui un funzionario d’alto rango del regime gli dice, all’indomani delle elezioni del 13 giugno 2009, che i risultati sono stati truccati in modo da aumentare il numero dei voti a lui conferiti da 16 a 24 milioni.”
Si diceva anche nello stesso articolo: “Se questa registrazione davvero esiste, il presidente si trova nella posizione di poter minacciare la fazione della Guida suprema Ali Khamenei e di fare pressione sul Consiglio dei guardiani affinché la candidatura del suo successore preferito, Esfandiar Rahim Mashai, venga accettata.”
Il sito del presidente ha reagito all’articolo rilasciando una smentita e chiedendo un procedimento giudiziario contro Baztab Emrooz. Ghazali è stato arrestati su ordine del procuratore di Teheran il 4 maggio con l’accusa di “pubblicazione di false informazioni con l’intento di turbare l’opinione pubblica,” ed è rinchiuso nella prigione di Evin a Teheran.
Reporters Senza Frontiere condanna anche le gravi violazioni commesse contro i diritti dei prigionieri di coscienza. Dieci detenuti della sezione 350 del carcere di Evin, tra cui i giornalisti Saeed Madani, Siamak Ghaderi e Abolfazal Abedini Nasr, sono stati privati di tutti i loro diritti e posti in isolamento il 21 aprile, nella sezione di sicurezza 240.
Sono stati accusati di avere protestato contro le interferenze del vice-direttore del carcere, Javad Momeni, nella loro gestione interna dei dormitori. Momeni, che ha fama di maltrattare i prigionieri, voleva costringere i detenuti a sostituire Madani nel ruolo di loro rappresentante.
Madani ha ripetutamente criticato gli alti costi e la scarsa qualità dei prodotti venduti nell’emporio di Evin ai detenuti, nonché la complicità delle autorità carcerarie nei traffici che avvengono all’interno della prigione.
Fonte: REPORTER SENZA FRONTIERE