Dopo quasi mille giorni di prigione (oltre due anni e quattro mesi), solo 3 giorni di congedo. Ieri notte Nasrin Sotoudeh è ritornata nel carcere di Evin, da dove era uscita appena 72 ore prima e dove è stata riconvocata a sorpresa. A darne notizia è stato il marito di Sotoudeh, Reza Khandan, che sul suo profilo Facebook ha espresso tutto il suo sgomento per un rientro in cella che si sperava non avvenisse in tempi così stretti.
“Si può dire – scrive Khandan – che è come se Nasrin sia stata arrestata un’altra volta. Prima di accordarle questo congedo temporaneo, le autorità le avevano ripetutamente assicurato che questo permesso sarebbe stato piuttosto lungo e, in qualche modo, permanente. Nasrin aveva detto loro con chiarezza che, se non fosse stato così, non avrebbe accettato un congedo di pochi giorni. Era infatti convinta che un periodo così breve non avrebbe fatto altro che causare ulteriore stress e turbamento ai bambini. Purtroppo aveva ragione e le sue previsioni si sono rivelate vere.”
“Stasera [ieri n.d.r.] – conclude Khandan – alle 23 [ora iraniana], con i bambini in lacrime perché si rifiutavano di lasciare andare la loro mamma, e con i nostri amici in stato di shock per il fatto che Nasrin fosse stata già riconvocata in prigione, Nasrin è rientrata nel carcere di Evin. Ha svuotato la valigia che aveva preparato per un viaggio che avevamo deciso di fare, l’ha riempita di quello che le serve in prigione, ed è tornata a Evin.”
In realtà si sapeva fin dal principio che il congedo accordato a Sotoudeh era di soli 3 giorni, ma siccome in altri casi permessi temporanei sono stati prolungati fino a diventare – di fatto – definitivi, la speranza era che il termine venisse considerato dalle autorità iraniane con elasticità. Non è stato così. A Nasrin Sotoudeh resta ancora da scontare oltre metà della sua condanna a 6 anni di carcere per “attentato alla sicurezza nazionale e propaganda contro il regime.”
In questi giorni le autorità iraniane hanno concesso permessi temporanei ad altri prigionieri politici. Sono tornati a casa – ed è inutile chiedersi se per poche ore o per periodi più lunghi – i giornalisti Mahsa Amrabadi e Bahman Ahmadi Amouee. Quest’ultimo stava scontando una pena di 5 anni nel carcere di Rajai Shahr (a Karaj) e non usciva di prigione da quasi 3 anni, da quando cioè gli fu dato un permesso in occasione del Nowruz, il capodanno persiano, nel marzo 2010. Nel frattempo in prigione però è finita sua moglie Jila Baniyaghoub (lei pure giornalista), che sta scontando una pena di 1 anno nel carcere di Evin. E’ tornato temporaneamente a casa anche il sindacalista Behnam Ebrahimzadeh.
Ma, come dimostra il caso di Sotoudeh, spesso le autorità iraniane usano persino lo strumento del permesso temporaneo allo scopo di creare maggiore pressione sui prigionieri politici e di destabilizzare il fragile equilibrio emotivo loro e delle loro famiglie.