Reporter senza frontiere esprime ancora una volta gravi preoccupazioni circa gli arresti arbitrari dei giornalisti e dei netizen e le minacce ai danni delle famiglie degli stranieri e iraniani che lavorano per i media in Iran.
Nei tre anni precedenti, l’organizzazione per la libertà di stampa ha registrato una dozzina di arresti e minacce contro i familiari dei giornalisti che lavorano per i media con base all’estero e per le agenzie di stampa internazionali.
Nei due mesi precedenti, numerosi giornalisti e netizen sono stati convocati per essere interrogati in città come Teheran, Bushehr, Karaj e Qazvin, e due di loro avevano solo 14 e 15 anni.
Il 25 dicembre agenti del ministero dei Servizi segreti hanno fatto irruzione nell’ufficio di direzione del settimanale Hadith e-Qazvin nella città settentrionale di Qazvin. Hanno preso i computer e hanno portato via lo staff per un interrogatorio. I giornalisti sono stati rilasciati dopo tre ore.
Tuttavia, il direttore del settimanale, Rahim Sarkar, è ancora trattenuto nelle celle del ministero dei Servizi segreti a Qazvin. Era già stato arrestato l’8 marzo dello scorso anno e rilasciato quattro giorni dopo, in seguito al pagamento di una cauzione di 50 milioni di toman (45.000 euro). La pubblicazione della rivista è stata interrotta, così, per la seconda volta in un anno.
Il primo gennaio anche Mohammad Kimyai, uno scrittore e collaboratore di Hadith-e Qazvin, è stato arrestato nella sua casa dagli agenti del ministero dei Servizi segreti. Alla sua famiglia non è stata data nessuna spiegazione per l’arresto. Il giornalista è trattenuto in isolamento nella prigione del ministero dei Servizi segreti a Qazvin.
Nello stesso giorno, un blogger di 14 anni è stato arrestato dalla polizia informatica iraniana nella città settentrionale di Karaj. Stando a quanto riportato dal sito della polizia, il giovane avrebbe pubblicato “contenuti offensivi” sul suo blog e avrebbe “confessato il crimine dopo l’arresto”.
Due settimane prima, molti netizen che usano i social network sono stati convocati per essere interrogati dalla polizia informatica nella città di Bushehr. Tra questi c’era Sorosh Ghazizadeh, un blogger di 15 anni che è stato interrogato per 5 ore. Suo padre, Younes Ghazizadeh, è un noto e coraggioso giornalista della regione. L’arresto e l’interrogatorio del giovane blogger potrebbe essere un modo per intimidire suo padre.
Il governo continua a minacciare le famiglie dei giornalisti che lavorano per i media con base all’estero e per gli organi di stampa internazionali. Le minacce si sono intensificate in seguito alla copertura da parte dei media internazionali delle proteste seguite alla disputa sulla rielezione del presidente Mahmoud Ahmedinejad nel giugno 2009.
Durante lo scorso anno il governo ha messo in atto misure ritorsive contro i media stranieri in risposta al rafforzamento delle sanzioni internazionali nel campo delle telecomunicazioni che limitano la possibilità della Repubblica Islamica dell’Iran di fare propaganda. Tra le ritorsioni:
- l’accredito dei giornalisti che lavorano per l’agenzia d’informazione Reuters è stato ritirato dopo un processo montato dagli agenti del ministero della Cultura e dalla Guida islamica.
- “Giornalisti” vicini ai servizi segreti sono stati imposti ad alcune testate per intimidirle ed esercitare un controllo maggiore sulle loro attività.
- La pressione e i maltrattamenti contro un numero di giornalisti e corrispondenti iraniani e stranieri che lavorano per media internazionali si sono intensificati al fine di costringerli a lasciare il loro lavoro.
- Numerosi giornalisti sono stati incastrati dagli agenti del governo e accusati di avere “relazioni immorali vietate dalla legge islamica”. Alcuni di questi sono stati minacciati di lapidazione.
- La lapidazione poteva essere il destino della giovane giornalista H. KA che aveva fatto amicizia con un collega di un prestigioso quotidiano europeo, in una conferenza organizzata dal governo a Teheran nel febbraio 2010. Era stata convocata dal ministero dei Servizi segreti pochi giorni dopo e interrogata riguardo alla sua relazione con un “agente straniero”. Era stata accusata di essere una spia e di avere rapporti sessuali con un “miscredente”, e minacciata di lapidazione o di pena di morte a meno che non avesse collaborato. È stata costretta a firmare una dichiarazione in cui affermava di essere stata violentata dal collega straniero e che successivamente ha costretto l’uomo ad andare in un’area vicino a degli impianti nucleari. H. KA, ora in esilio, è ancora oggetto di pressione attraverso la sua famiglia. Il suo caso è lontano dall’essere isolato e illustra il metodo usato regolarmente dalla teocrazia al governo, nella morsa di corruzione e tirannia. Tali accuse oltraggiose sono usate come un’arma contro le sanzioni imposte dai governi occidentali fino a diventare un vero e proprio rapimento.
Reporter senza frontiere ha ricevuto molte testimonianze di prima mano dalle vittime dei vergognosi e insidiosi metodi messi in atto dal governo di Tehran. Tali testimonianze sono state inoltrate agli organismi per i diritti umani delle Nazioni Unite.
Fonte: Reporters without borders