Seri difetti elettorali stanno compromettendo i diritti degli iraniani e danneggiando la prospettiva di elezioni parlamentari libere e eque per il prossimo 26 Febbraio, 2016. L’allarme di Human Rights Watch.
Le autorità iraniane hanno escluso la maggior parte dei candidati riformisti in base a criteri discriminatori e arbitrari. Decine di attivisti politici e giornalisti restano in carcere per l’esercizio dei loro diritti.
“Il sistema elettorale iraniano soffre di seri problemi strutturali che compromettono elezioni libere e eque”, dice Sarah Leah Whitson, direttore di Human Rights Watch per il Medio Oriente. “Non solo i candidati sono stati squalificati sulla base di leggi fondamentalmente difettose, ma alcuni ufficiali agiscono arbitrariamente al di là dei loro poteri legali, per non lasciare ai cittadini candidati alternativi per cui votare”.
Il 17 gennaio, Il Consiglio dei Guardiani, un organismo costituito da 12 giuristi islamici eletti che hanno il compito di monitorare le elezioni parlamentari e presidenziali, ha annunciato che è stata approvata la lista dei candidati. Secondo La tv di stato iraniana IRIB News, il Consiglio ha approvato solo il 40 per cento dei 12.123 candidati registrati. I candidati esclusi potrebbero fare ricorso entro cinque giorni dalla pubblicazione ufficiale.
Il Consiglio dei Guardiani ha escluso più di 6500 candidati, anche se il consiglio esecutivo del Ministero dell’Interno, che ha il compito di controllo preliminare, aveva già stabilito che il 90 per cento dei candidati avevano i requisiti previsti dalla legge per essere ammessi alle elezioni.
Tali norme prevedono che i candidati non abbiano condanne penali a loro carico e si impegnino a rispettare l’ideologia di governo dello stato di “Tutela del giurista” e della costituzione. La dottrina pone massimo potere temporale e spirituale nelle mani del leader supremo, che si suppone essere lo studioso di religione più qualificato del Paese.
Il Consiglio dei Guardiani ha poteri arbitrari che gli consentono di squalificare i candidati, anche se incorre nei criteri discriminatori delle leggi elettorali. Negli ultimi anni, il Consiglio dei Guardiani ha esteso la sua “supervisione approvatoria” usando misure arbitrare, tra cui anche informazioni raccolte da fonti segrete per escludere i candidati.
Il governo iraniano ha escluso un’alta percentuale di candidati legati a determinati gruppi politici. Seyed Hossein Marashi, membro del comitato della politica dei riformisti, in un’intervista rilasciata il 17 gennaio al sito di informazione semi ufficiale ILNA ha detto :”solo 30 candidati riformisti su 3000 hanno superato il vaglio del Consiglio dei Guardiani, praticamente l’un per cento”.
Tra gli esclusi Raoul Montajabnia, vicepresidente del partito riformista Etemad Melli fondato da Mehdi Karoubi, uno dei due candidati riformisti alle elezioni presidenziali del 2009. Gli altri esclusi sono Majid Farahani, il capo del partito riformista iraniano Nedaye, e Akbar Alami, ex membro del partito riformista del parlamento. Una lettera diffusa dalla sezione giovanile del partito Etemad Melli riporta che il Consiglio dei Guardiani non ha approvato nessuno dei 10 candidati del loro partito registrati per le elezioni parlamentari. Hossein Marashi, portavoce del partito Kargozaran, ha detto, in un’intervista all’agenzia INSA rilasciata lo scorso 18 gennaio, che nessuno dei 100 membri del suo partito, registrati per le elezioni, risulta ammesso.
Documenti esaminati da Human Rights Watch mostrano che molti candidati sono stati esclusi per le loro opinioni politiche. Molti di loro, che hanno parlato con Human Rights Watch mantenendo l’anonimato per paura di ritorsioni nei loro confronti, hanno riferito di aver consegnato tutti i documenti necessari e di essere stati esclusi a causa delle loro idee politiche, delle loro convinzioni o per la loro precedente incarcerazioni per condanne relative alla sicurezza nazionale che derivano da attività legali.
Secondo la legge iraniana, ogni candidato deve dimostrare “di credere nella fede islamica e nell’ordine sacro della Repubblica Islamica dell’Iran” e dichiarare lealtà “al principio progressivo del ruolo assoluto della custodia legale della dottrina giurista e e alla costituzione”. La legge proibisce anche ai sostenitori di partiti politici illegali e a gruppi o persone condannati per azioni contro la sicurezza nazionale di correre per le elezioni. Nel 2005 un rapporto di Human Rights Watch ha documentato come le leggi elettorali hanno impedito ai candidati esterni alle elitè del potere di correre per le alte cariche pubbliche.
Durante la violenta repressione di governo che seguì le discusse elezioni presidenziali del 2009, migliaia di attivisti politici e manifestanti pacifici sono stati arrestati, detenuti, e condannati con accuse relative alla sicurezza nazionale in processi che non hanno rispettato gli standard minimi internazionali. Alcuni di loro, come Mustafa Tajzadeh, un politico riformista, e Bahareh Hedayat, attivista per i diritti umani, rimangono in carcere. La legge iraniana ha effettivamente escluso tutti coloro che potevano correre per le elezioni.
Il 27 dicembre 2015, Nejatollah Ebrahimiam, il portavoce del Consiglio dei Guardiani, in un’intervista rilasciata all’agenzia di stampa iraniana Tasnim, ha dichiarato che i candidati che corrono per le elezioni devono essere distanti dalla “sedizione” del 2009 – termine usato da alcuni ufficiali per descrivere le proteste post elettorali del 2009.
Nel 2010, una sezione del Tribunale Rivoluzionario ha ordinato lo scioglimento dei noti partiti riformisti Mosharekat-E-Eslami e Mojahedin-Enghelab, in parte perché i loro membri erano coinvolti nelle proteste post elettorali del 2009.
Dal 2011, le autorità iraniane hanno costretto agli arresti domiciliare i noti personaggi riformisti Mir Hossein Mousavi, Mehdi Karoubi e Zahra Rahnavard, moglie di Hossein, senza alcun provvedimento giudiziario. Human Rights Watch ha ripetutamente chiesto il rilascio di queste persone, la cui detenzione è stata ritenuta arbitraria anche dal Gruppo dei lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria.
“Il sistema elettorale iraniano è carente di una supervisione indipendente, compromettendo così in modo significativo l’accesso al processo politico e la libertà di scelta dei cittadini”, ha detto Whitson. “Poiché il sistema tollera poco il dissenso pacifico anche nel processo elettorale, le autorità iraniane privano i propri cittadini di una voce nel governo a tutela delle loro posizioni”.
Fonte: Human Rights Watch