Le autorità iraniane hanno impiccato 11 detenuti condannati per reati di droga nella mattinata di lunedì 7 settembre, secondo fonti di Iran Human Rights interne al carcere Ghezelhesar di Karaj, a ovest di Teheran.
Uno degli uomini messi a morte era un insegnante identificato con il nome di Mahmood Barati, condannato alla pena capitale sulla base di accuse infondate, secondo le fonti di IHR. Barati era stato arrestato 10 anni fa. Le autorità lo hanno condannato a morte solo sulla base della testimonianza di una sola persona, anch’essa accusata di reati di droga. Non c’erano altre prove contro Barati e il testimone chiave, messo successivamente a morte, aveva ritrattato la sua testimonianza due volte. La fedina penale di Barati era sempre stata pulita e al tempo lavorava come insegnante a Taybad, nell’Iran orientale. La famiglia di Barati non ha avuto l’opportunity di visitarlo per un’ultima volta.
Tra gli altri prigionieri impiccati nella stessa giornata, vi sono Ali Tafreshi e Mehdi Rahimi (che si trovavano nel carcere Ghezelhesar) Hossein Rostami (penitenziario Fasha, a sud di Teheran), cinque detenuti nella Grande Prigione Centrale di Teheran e un prigioniero non identificato.
Nel 2015, le autorità iraniane hanno messo a morte oltre 700 detenuti, tra cui più di 400 condannati per reati di droga.
Iran Human Rights condanna fermamente le esecuzioni. Il portavoce internazionale di IHR, Mahmood Amiry-Moghaddam, ha dichiarato: “Mahmood Barati è solo uno dei tanti prigionieri innocenti che vengono messi a morte sulla base di accuse per reati di droga dalle autorità iraniane. La comunità internazionale dovrebbe esercitare delle pressioni sull’Iran per fermare le esecuzioni arbitrarie con il pretesto di combattere il traffico di droga”.
Fonte: Iran Human Rights