Hossein Nooraninejad è di nuovo in carcere. Giornalista, attivista e membro del partito politico Fronte della partecipazione, Nooraninejad tra il 2009 e il 2015 viene arrestato tre volte, con l’accusa di propaganda contro il sistema. Dopo il primo arresto, si reca all’estero. Una volta rientrato in patria finisce nuovamente in manette. Il suo caso è diventato emblematico. Un messaggio chiaro per tutti gli oppositori del regime: non tornate in Iran.
Nooraninejad viene arrestato per la prima volta nel settembre 2009. Deve scontare una condanna a un anno di carcere per “propaganda contro il sistema”. Una volta libero, espatria in Australia per seguire un corso post-laurea. Nel 2014 torna a Teheran per fare visita alla moglie e al figlio appena nato. Il 21 aprile di quell’anno viene nuovamente arrestato e fino al processo viene tenuto in isolamento nel carcere di Evin. A giugno, il tribunale rivoluzionario della capitale iraniana lo giudica colpevole di “diffusione di propaganda contro il sistema” e di “riunione e collusione contro la sicurezza nazionale”. La condanna, spiega una fonte a Iran Human Rights, è a un anno di carcere. “Il giudice – racconta la fonte – ha esplicitamente dichiarato che con questo verdetto voleva lanciare un messaggio agli altri oppositori iraniani che vivono all’estero: non dovete tornare in Iran”.
Il giornalista resta in prigione due mesi. Nell’aprile del 2015 finisce di nuovo in manette, presumibilmente per scontare il resto della condanna.
“Il messaggio – commenta il giornalista e per anni prigioniero politico iraniano Isa Saharkhiz – è breve e conciso: il governo non permetterà agli esuli e agli iraniani con doppio passaporto di tornare a condurre una vita tranquilla nel Paese.”
“Il regime ha lanciato questo avvertimento con la vicenda di Nooraninejad – continua Saharkiz – ma anche con quanto accaduto nella sezione 350 del carcere di Evin. Il trattamento riservato a chi torna è chiaro: verrà pestato a morte.”
“Una delle debolezze dell’amministrazione Rouhani – commenta Saharkiz – è stata la mancanza di una posizione nell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. E ci sono notizie anche sul fatto che gli sforzi del Presidente di codificare dei “diritti dei cittadini” stiano incontrando grossi ostacoli. Oggi è molto probabile che questo provvedimento sarà completamente messo da parte in Parlamento. Se Rouhani fallirà nel mantenere le promesse della campagna elettorale, la maggioranza degli iraniani arriverà alla conclusione che il passaggio di potere non ha prodotto alcun cambiamento”.
Fonte: Roozonline, Amnesty International, Radiozamaneh