Ehmad Bahavar compie oggi 35 anni. Trascorre questo compleanno come i due che l’hanno preceduto, nel carcere di Evin, sezione 350.
Attivista politico, capo della sezione giovanile del Movimento per la libertà, laureato in Ingegneria industriale all’università di Yazd, stava completando un dottorato in Scienze politiche all’ateneo di Babol, prima che gli venisse vietato dalle autorità di discutere la sua tesi (divieto che permarrà anche quando sarà uscito di prigione). E’ stato anche licenziato dal lavoro e ha la proibizione di lasciare il paese (ordine del Ministero della sicurezza).
Bahavar è stato arrestato a più riprese, prima e dopo le contestate elezioni presidenziali del giugno 2009. La prima volta fu il 28 maggio 2009, con l’accusa di “propaganda contro il sistema” e “offese alla Guida suprema”. Lo rilasciarono dopo 4 giorni. Lo riarrestarono poche settimane più tardi, subito dopo l’annuncio dei risultati elettorali, e lo misero sotto pressione per indurlo a rilasciare false confessioni in televisione. Dopo 46 giorni di isolamento, fu di nuovo liberato il 29 luglio 2009.
L’ultimo arresto è del marzo 2010. Solo 6 mesi dopo, il 3 ottobre, Bahavar è stato finalmente processato dalla sezione 15 del Tribunale rivoluzionario di Teheran, giudice Salavati. Le accuse erano “cospirazione contro la sicurezza nazionale”, “propaganda contro il sistema”, “offese alla Guida suprema”. Si seppe dopo due mesi, il 9 dicembre, che la corte aveva condannato Emad a 10 anni di detenzione, e ad altrettanti anni di divieto di partecipazione a qualsiasi partito politico, di qualsiasi lavoro nei media e di attività online.
Il 10 gennaio 2011 la Corte d’Appello ha confermato per intero quella sentenza.
La sua “casa” è, e chissà per quanto tempo ancora sarà, il carcere di Evin, Teheran. Qui, nell’estate 2011, Emad è stato uno dei 12 prigionieri che hanno indetto uno sciopero della fame per protestare contro la morte di Reza Hoda Saber, attivista e giornalista morto per un attacco cardiaco dopo una settimana di digiuno.