Cantavano slogan in favore della liberazione dei prigionieri politici e per la fine degli arresti domiciliari dei leader dell’opposizione Mousavi e Karoubi. Sono stati arrestati per questo, nel corso di un comizio elettorale, alcuni sostenitori di Hassan Rouhani candidato moderato alle presidenziali del prossimo 14 giugno.
La notizia degli arresti è stata data dal sito di opposizione Kalemeh, che inserisce tra i nomi delle persone arrestate quello di Saeedollah Bedashti, capo dei giovani sostenitori di Rouhani. Il responsabile della campagna elettorale di Rouhani, Mohammad Reza Nematsadeh, ha dichiarato all’agenzia semi-ufficiale Mehr che “alcune persone sono state arrestate per strada subito dopo aver lasciato il luogo del raduno.” Un altro sito di opposizione, Saham News, conferma che tra gli arrestati ci sono vari membri dello staff elettorale di Rouhani.
Non c’è certezza sul numero degli arrestati. “Almeno sette” secondo alcune fonti, cinque o otto secondo altre. Kalemeh aggiunge al nome di Bedashti quelli di Mohammad Parsi, Shirin Mirkarami e Mohsen Rahmani. Altri allungano la lista con i nomi di Farzad Eslami, Nafiseh Nikbakht, Milad Panahi Pour e Mohamad Ehtesham.
Il comizio si è svolto sabato 1° giugno presso la moschea Jamaran, nella periferia settentrionale di Teheran. Hassan Rouhani, che è un candidato considerato vicino all’élite clericale al paese, tuttavia in questo inizio di campagna elettorale ha lanciato chiari segnali di apertura all’opposizione riformista, al punto che l’ex presidente Khatami, in un comunicato sul suo sito personale, lo ha invitato ad unire le sue forze con l’altro candidato riformista, Mohammad Reza Aref, per fare fronte comune. I riformisti sono stati infatti spiazzati dalla sorprendente decisione del Consiglio dei Guardiani di escludere dalla rosa dei candidati alle elezioni l’Ayatollah Hashemi Rafsanjani, uno dei padri della Repubblica Islamica. Rafsanjani aveva deciso di scendere in campo proprio nell’ultimo giorno utile per la presentazione delle candidature, destando speranze ed entusiasmo nell’opposizione, che vedeva in lui il candidato “forte” in grado di competere con i candidati conservatori vicini alla Guida suprema Khamenei.
Rouhani ha in un certo senso cercato di riempire lo spazio lasciato vuoto da Rafsanjani. Proprio nel corso del comizio di sabato scorso, ha detto che è necessario porre fine alla pesante “atmosfera blindata” che regna nel paese “nelle strade, nelle università, nelle scuole, nelle organizzazioni”, promettendo ai suoi sostenitori che “con il vostro sostegno, apriremo i lucchetti che sono stati stretti sulla vita della gente nel corso degli ultimi otto anni.”
Gli arresti di sabato confermano la tendenza dimostrata già nei mesi scorsi dalle autorità iraniane: se nel 2009 si era assistito ad una campagna elettorale inusitatamente aperta e libera, seguita dalle proteste in strada della gente dopo l’annuncio dei contestati risultati elettorali, dagli arresti di massa e dalla repressione indiscriminata, quattro anni dopo la parola d’ordine sembra essere “prevenire”. I candidati più “pericolosi” per i vertici del regime sono stati esclusi già in partenza dalla competizione elettorale, il dibattito è stato forzatamente “ingabbiato” (nei giorni scorsi le rigide regole del dibattito televisivo tra i candidati sono state duramente contestate da vari di loro), la stretta sull’informazione si è fatta ancora più severa, con una serie di arresti intimidatori tra giornalisti e blogger fin dai mesi scorsi, e molti dissidenti e oppositori che erano in congedo dal carcere sono stati richiamati in prigione proprio nell’approssimarsi della scadenza elettorale. E il capo della polizia iraniana, il generale Ismail Moghadam, è stato fin troppo chiaro: “La polizia – ha detto – affronterà coloro che durante la campagna elettorale assumeranno comportamenti contro-rivoluzionari”.
FONTE: Aljazeera, The Guardian, Radio Zamaneh