All’1 e 10 di notte del 26 agosto, il prigioniero politico curdo Behrouz Alkhani è stato impiccato nel penitenziario centrale di Urmia, assieme ad altri 5 detenuti condannati per reati di droga e per omicidio. Prima dell’esecuzione di Alkhani, Amnesty International ed altri attivisti avevano chiesto alle autorità iraniane di fermare la sua condanna a morte.
Fars Alkhani, padre di Behrouz, ha dichiarato che le autorità iraniane hanno negato alla famiglia il diritto ad avere indietro il corpo del figlio: “Siamo andati al Tribunale Rivoluzionario, ci hanno detto che non era possibile. Ci siamo rivolti a diversi uffici del governo, incluso il ministero dell’Intelligence. Abbiamo solo visto il cadavere di Behrouz mentre lo caricavano su un veicolo dopo l’esecuzione”. Tuttavia, i corpi degli altri condannati a morte sono stati restituiti alle rispettive famiglie.
Behrouz Alkhani era stato arrestato nel gennaio 2009 e accusato di essere affiliato al gruppo armato curdo PJAK. Alcuni mesi dopo, si è aggiunta l’accusa di aver preso parte all’omicidio di un’autorità giudiziaria. E’ stato condannato a morte dalla sezione 1 del Tribunale Rivoluzionario di Urmia per Moharebeh (guerra contro Dio) tramite l’affiliazione al PJAK. “L’accusa di omicidio è una bugia senza fondamento – ha detto il padre – Lo hanno accusato di omicidio perché lo volevano morto”.
Ferma la condanna di Iran Human Rights. “Il processo a carico di Behrouz non è stato equo – ha dichiarato Mahmood Amiry-Moghaddam, portavoce dell’associazione – Lui, come altri prigionieri politici, non ha avuto accesso a un avvocato e ha subito abusi e torture durante la sua detenzione”.
Fonte: Iran Human Rights