Sette anni fa, d’estate, tutto era pronto per la celebrazione del matrimonio di una coppia di giovani iraniani che si erano conosciuti e innamorati all’università. Ma il giorno prima del matrimonio, agenti in borghese hanno fatto irruzione in casa di Bahareh Hedayat, una delle principali studentesse attiviste, e l’hanno condotta in carcere.
Non fu una sorpresa. Bahareh era già stata arrestata due volte, ma la tempistica non può essere considerata una coincidenza. Quando è stata rilasciata un mese più tardi, non si sentiva in vena di una grande cerimonia, come è tradizione in Iran. La coppia decise semplicemente di andare a vivere insieme.
L’accaduto non ha mai condizionato il suo impegno per i diritti umani. In realtà, da allora, Hedayat e suo marito, Amin Ahmadian, hanno trascorso solo un anno insieme. La donna passato il resto del tempo in prigione.
Ora le autorità si rifiutano di rilasciare Hedayat nonostante per la legge iraniana abbia diritto al rilascio. La giovane attivista, uno dei membri fondatori della campagna “Un milione di Firme“, petizione per i diritti delle donne in Iran, è stata arrestata dopo la contestata rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, nel 2009. E’ finita nelle mani delle autorità iraniane per aver parlato delle proteste post-elettorali, in particolar modo per aver rilasciato un’intervista alla BBC Persian che è odiata dalla classe dirigente iraniana.
Successivamente è stata condannata a sette anni e mezzo di carcere. Cinque per aver agito contro la sicurezza nazionale, due per aver offeso la Guida Suprema Iraniana, Ayatollah Ali Khamenei, e sei mesi per aver insultato Ahmadinejad. Ma Ahmadinejad è caduto in disgrazia con molti dei suoi più stretti alleati e deputati finiti in prigione per corruzione dopo l’elezione di Hassan Rouhani, nel 2013.
“E’ stata in prigione per sei anni per aver criticato in modo pacifico e per niente ambiguo Ahmadinejad, ha dichiarato al Guardian in una telefonata dall’Iran il marito Ahmadian, e ora pochi reparti più lontano, nella stessa prigione, alcuni dei deputati più anziani dell’ex presidente sono trattenuti per corruzione”.
Hedayat secondo la legge iraniana può essere rilasciata. Stando alle modifiche apportare al Codice Penale, approvato dal Parlamento e promulgato pochi anni fa, i detenuti dovrebbero scontare il massimo della pena in carcere solo in caso di colpevolezza per più reati. Questo significa he Hedayat sarebbe dovuta uscire dal carcere al massimo a giugno scorso.
“Le autorità ci hanno messo pressione perché facciamo conoscere qual è la situazione di Bahareh in carcere, dice suo marito. Ci hanno minacciati, e hanno detto a mia moglie che se continuiamo a parlare arrestano anche me. Vogliono farci tacere”.
Durante la reclusione a Hedayat sono stati dati altri sei mesi per aver scritto una lettera sulla situazione di altri studenti attivisti. L’ha scritta con un altro dei principali studenti attivisti, Majid Tavakoli, che da allora è stato rilasciato.
Le donne detenute nella nota progione di Evin non hanno accesso al telefono. Circa 18 donne considerate prigioniere di coscienza sono in quel carcere, tra cui anche Hedayat. Di queste, dieci sono madri e quattro hanno bambini minori di 10 anni.
” Bahareh soffre di complicazioni renali e di problemi di salute riproduttiva, ha detto Ahmadian. Le autorità non le concedono l’accesso alle cure medice. L’ho pregata di non iniziare lo sciopero della fame, ha già trascorso sei anni in carcere, è abbastanza, ma se non la rilasciano, ha dichiarato di voler fare di nuovo lo sciopero della fame”.
Nassim Papayianni, un attivista del gruppo di Amnesty International Iran, ha dichiarato che è “semplicemente scandaloso” che le autorità iraniane tengano in carcere pacifici attivisti per le donne e ha chiesto la liberazione immediata di Hedayat, insieme all’attivista Narges Mohammadi che versa in gravi condizioni di salute e l’attivista contro la pena di morte Atena Daemi, che è stata condannata a 14 anni di carcere.
“Bahareh Hedayat non sarebbe mai dovuta finire in carcere, per non parlare della lunga condanna che ha scontato: ha affermato l’attivista di AI. Stiamo parlando anche di una vergognosa violazione della giustizia, le autorità iraniane non hanno applicato per il caso della giovane attivista le loro stesse leggi”.
“L’attivista per i diritti umani Narges Mohammadi, impegnata anche nella campagna contro la pena di morte, sta soffrendo in carcere con una serie di problemi di salute. Non solo è in cattive condizioni di salute e le vengono negate le cure, ma non le è concesso nemmeno di parlare al telefono con i figli. “Mohammadi, madre di due bimbi di due e otto anni, ha recentemente scritto una lettera commovente dal carcere per descrivere la situazione di altre madri in prigione.
Sussan Tahmasebi, un’ importante attivista per i diritti delle donne ha detto: ” Gli ex prigionieri politici che hanno scontato la pena con Bahareh, hanno raccontato che Bahareh, quando Rouhani ha vinto le elezioni, era molto emozionata e felice”.
“Sono sicura che, come altri iraniani, l’emozione di Bahareh dipendesse dal fatto che sperava che la presidenza di Rouhani potesse ridurre le pressioni esterne, le sanzioni e la minaccia di guerra. Non ho dubbi che Bahareh sia felice dell’accordo sul nucleare e delle prospettive positive che rappresenta per l’Iran e per i suoi cittadini. Allo stesso tempo, per quelli di noi che hanno lavorato con Bahareh la speranza era che Rouhani prendesse seri provvedimenti per la liberazione dei prigionieri politici, inclusa Bahareh“.
Rouhani ha per lo più taciuto sui diritti umani e deve ancora portare a termine le promesse elettorali sulle riforme sociali in Iran.
Fonti: Saeed Kamali Dehghan - The Guardian