Ahmad Zeidabadi e Mehdi Mahmoudian, giornalisti e prigionieri di coscienza nel carcere di Rajai Shahr, sono stati rilasciati in permesso temporaneo il 31 luglio 2012. Il provvedimento segue di pochi giorni il rilascio in congedo di altri prigionieri politici, come gli attivisti del movimento studentesco Bahareh Hedayat, Ali Malihi e Hasan Asadi Zeidabadi (nessun rapporto di parentela con Ahmad) e arriva nello stesso giorno in cui anche all’attivista per i diritti umani Narges Mohammadi è stato finalmente concesso un permesso dal carcere per ragioni mediche. Tali permessi sono probabilmente legati al sacro mese del Ramadan, sono rilasciati cioè per dare la possibilità ai prigionieri di trascorrere queste settimane in famiglia. E’ perciò possibile (o probabile) che molti di coloro che sono usciti in questi giorni saranno richiamati in carcere per continuare a scontare le loro pene.
Intanto, però, si osservano con emozione fotografie come quella di Ahmad Zeidabadi che riabbraccia il figlioletto, o come quella di Bahareh Hedayat (nella foto a destra, al centro con il velo verde) ritratta in compagnia di Atefeh Nabavi, Mahdieh Golrou e Nazanin Khosravani, che hanno condiviso per mesi o anni con lei le celle del carcere di Evin e che da qualche mese sono tornate in libertà.
Ahmad Zeidabadi, segretario generale di Advar-e Tahkim-e Vahdat (“Ufficio per il consolidamento dell’unità”, organizzazione riformista di ex-studenti), giornalista e analista politico, è stato arrestato il 13 giugno 2009, all’indomani delle contestate elezioni presidenziali, e sta scontando una condanna a 6 anni di detenzione, 5 di confino e a un divieto permanente di svolgere attività politiche e sociali (inclusa la sua professione di giornalista) per le accuse di “propaganda contro il sistema” e “cospirazione per creare disordini”. In questi anni ha usufruito di due permessi di 48 ore in occasione del Nowruz, il capodanno persiano (marzo 2011 e marzo 2012).
Mehdi Mahmoudian, arrestato il 16 settembre 2009, sta scontando (come Zeidabadi nel carcere di Rajai Shahr a Karaj) una condanna a 5 anni di detenzione per “cospirazione contro la sicurezza nazionale”. Direttore dell’ufficio di pubbliche relazioni del Fronte nazionale di partecipazione (il partito che sosteneva alle elezioni del 2009 il candidato di opposizione Mir-Hossein Mousavi) e membro dell’Associazione per la difesa dei diritti dei prigionieri, Mahmoudian aveva avuto un ruolo essenziale nel denunciare l’esistenza di un centro segreto di tortura a Kahrizak (dove nell’estate 2009 morirono almeno tre giovani manifestanti arrestati per le strade di Teheran durante le proteste post-elettorali). Molto prima del 2009 Mahmoudian aveva scritto su Kahrizak una lettera alla Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei, ma senza avere risposta. Dal carcere ha riscritto a Khamenei, rinnovando le sue accuse su Kahrizak e denunciando le condizioni dei prigionieri di Rajai Shahr e il dramma degli stupri in carcere contro i prigionieri politici. Le sue condizioni di salute, aggravate dalle torture subite e da numerosi scioperi della fame, ne hanno imposto il ricovero in ospedale (dove nel novembre 2011 ha subito un intervento chirurgico). Ha finora usufruito di un solo permesso di pochi giorni, in occasione del Nowruz scorso (marzo 2012).