Amnesty e FIDH all’Iran: “Rilasciate Kaboudvand, siete responsabili della sua vita in pericolo” | Iran Human Rights

Amnesty e FIDH all’Iran: “Rilasciate Kaboudvand, siete responsabili della sua vita in pericolo”

Mohammad Sedigh Kaboudvand

Amnesty International e la Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme (FIDH) con la sua consociata iraniana, la Lega iraniana per la difesa dei diritti umani (LDDHI) hanno rilasciato un comunicato congiunto indirizzato alle autorità iraniane per chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Mohammad Sedigh Kaboudvand.

Kaboudvand, giornalista curdo-iraniano e fondatore dell’Organizzazione del Kurdistan per i diritti umani, prigioniero di coscienza nel carcere di Evin (Teheran) dove sconta una condanna a 10 anni e 6 mesi, è in sciopero della fame da più di 50 giorni (ha cominciato a digiunare il 26 maggio scorso) per ottenere dalle autorità un permesso temporaneo per recarsi in visita dal figlio ammalato. Nei giorni scorsi le autorità ne avevano deciso il trasferimento in ospedale, ma Kaboudvand ha rifiutato di essere ricoverato in manette e quindi si trova ancora nella sezione 350 di Evin. In seguito all’episodio ha aggiunto al digiuno uno sciopero della sete.

Di seguito il testo completo del comunicato.

Amnesty International e la Fédération internationale des ligues des droits de l’Homme (FIDH) con la sua consociata iraniana, la Lega iraniana per la difesa dei diritti umani (LDDHI) hanno rilasciato un comunicato congiunto indirizzato alle autorità iraniane per chiedere il rilascio immediato e incondizionato di Mohammad Sedigh Kaboudvand, affermando che le stesse autorità sono responsabili per qualsiasi pericolo per la sua vita che derivi dallo sciopero della fame tuttora in corso.

Le tre organizzazioni per i diritti umani ritengono che Mohammad Sedigh Kaboudvand, membro della minoranza curda iraniana, sia un prigioniero di coscienza, detenuto solo per le sue attività di giornalista e di attivista per i diritti umani e per l’esercizio non violento del suo diritto alla libertà di espressione.

Mohammad Sedigh Kaboudvand ha cominciato uno sciopero della fame e della sete, rifiutando anche l’acqua, la sera di domenica 14 luglio 2012, ma ha accettato le richieste provenienti dalla famiglia e da amici di cominciare a bere acqua nel corso di questa settimana del 16 luglio, benché non abbia specificato esattamente in quale giorno. Mohammad Sedigh Kaboudvand ha detto che quando concluderà il suo sciopero della fame e della sete proseguirà il solo sciopero della fame, che ha cominciato il 26 maggio scorso per protestare contro il rifiuto delle autorità iraniane di concedergli un nuovo permesso di visitare suo figlio ammalato. Il figlio, Peiman, è affetto dal gennaio 2012 da una malattia ancora non diagnosticata.

Da allora, Mohammad Sedigh Kaboudvand è stato autorizzato a visitare il figlio in poche occasioni, la più recente tra la fine di aprile e l’inizio di maggio 2012, quando le autorità carcerarie lo hanno scortato al capezzale del figlio per una visita durata circa 30 minuti. Le autorità hanno da allora rifiutato a Mohammad Sedigh Kaboudvand un congedo dal carcere per ulteriori visite, nonostante le clausole in materia del Regolamento carcerario consentano tali visite su base discrezionale.

Le condizioni di salute di Mohammad Sedigh Kaboudvand sono sensibilmente peggiorate da quando ha lanciato il suo sciopero della fame per protestare contro la situazione che ha descritto in questi termini, in una lettera aperta del 27 maggio 2012: “Il Procuratore e gli organi di sicurezza continuano a negare il permesso a causa della loro ostilità, rancore e malizia nei miei confronti in quanto attivista per i diritti umani; questo nonostante io abbia scontata già metà della mia ingiusta e illegittima condanna al carcere, e nonostante la malattia incurabile di mio figlio e la situazione di estrema emergenza… Pertanto, per protestare contro il comportamento illegale e disumano di questi funzionari della magistratura e della sicurezza, lancio uno sciopero della fame a tempo indeterminato dalle 21 di sabato 26 maggio 2012.”

Il personale medico del carcere e i medici hanno raccomandato il suo trasferimento in un ospedale esterno per le necessarie terapie. Ciononostante, i funzionari del carcere hanno rifiutato di portarlo in ospedale senza manette nei primi giorni del luglio 2012.

Mohammad Sedigh Kaboudvand, ex direttore del settimanale Payam-e Mardom-e Kurdistan e fondatore dell’Organizzazione del Kurdistan per i diritti umani, sta scontando una condanna detentiva a 10 anni e mezzo di carcere dal 1° luglio 2007 dopo essere stato giudicato colpevole per reati relativi alla sua attività giornalistica e al suo lavoro di attivista per i diritti umani.

Dall’inizio della sua detenzione, Mohammad Sedigh Kaboudvand – secondo le notizie – ha subito tre ictus e almeno un attacco di cuore, ha problemi alla prostata e ai reni, e ha attraversato periodi in cui ha sofferto di capogiri e perdita di conoscenza. Tuttavia non ha avuto regolare accesso a tutte le cure mediche necessarie.

Ann Harrison, vice-direttore del programma di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha detto: “Mohammad Sedigh Kaboudvand è un prigioniero di coscienza, detenuto solo per le sue attività giornalistiche, per il suo lavoro in difesa dei diritti umani e per il suo pacifico esercizio del suo diritto alla libertà di espressione. Non avrebbe mai dovuto essere arrestato fin dal principio, e deve essere rilasciato immediatamente e senza condizioni così che possa essere libero di stare con la sua famiglia in questo momento così angosciante.

Karim Lahidji, vice presidente di FIDH e presidente di LDDHI, ha detto: “Nel frattempo le autorità iraniane sono responsabili di qualsiasi possibile rischio che la vita di Mohammad Sedigh Kaboudvand possa correre come conseguenza del suo perdurante sciopero della fame e delle sue condizioni fisiche in peggioramento. Secondo i Regolamenti di standard minimo per il trattamento dei prigionieri delle Nazioni Unite, le autorità iraniane sono obbligate ad agire immediatamente per prestare urgenti cure mediche a Mohammad Sedigh Kaboudvand. Devono smettere di tormentare un padre negandogli il diritto di visitare suo figlio ammalato“.

 

Fonte: FIDH

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