“Se non ci fossero state le proteste del 2009, probabilmente non avrei mai scritto questo libro.” Così Sahar Delijani, autrice de “L’albero dai fiori viola” (Rizzoli ed.), nella serata-evento a lei dedicata organizzata a Roma da Iran Human Rights Italia in collaborazione con la libreria Tra le righe.
La trentenne scrittrice, nata nel carcere di Evin, a Teheran, da genitori dissidenti politici, vede nei movimenti di piazza che hanno seguito le ultime contestate elezioni presidenziali un momento di riconciliazione nazionale. Una sensazione che la rende cautamente ottimista anche per la prossima tornata elettorale, prevista per il 14 giugno.
“Fino ai fatti del 2009 mi sono sempre sentita parte di una minoranza dissidente in mezzo a una maggioranza silenziosa – ha spiegato Delijani - non si poteva dire quello che si pensava perché in fondo nessuno voleva sentirlo. Poi ho visto le immagini della gente per strada e ho pensato: finalmente possiamo parlarne.“
Le manifestazioni del 2009 furono represse nel sangue, ma – sottolinea la scrittrice – “la popolazione si era svegliata. E poco importa il fatto che il regime ci sia ancora e la gente non sa più in strada. Quando sono tornata a Teheran nel 2011 ho avuto una sensazione positiva: sembrava che il risveglio non fosse finito e che, anzi, gli iraniani avessero fatto un passo indietro per capire cosa stava succedendo. Questo per me era sintomo di una certa maturità politica: si continuava a discutere ogni giorno, era come se si stesse aspettando il momento giusto per agire.“
“L’albero dai fiori viola” è intriso di dolore e ottimismo. E’, al contempo, finzione e realtà, storia e attualità. Un’autobiografia collettiva che racconta le vicende della famiglia di Delijani attraverso le storie di mille famiglie come quella di Delijani. In ogni capitolo l’autrice cambia i protagonisti, perché quello che è successo a lei e ai suoi cari è esattamente quello che è successo a migliaia di persone.
Anche le date si intrecciano. Il 1983, anno della nascita di Delijani, è segnato dall’arresto di moltissimi attivisti politici, delusi dalla rivoluzione del 1979. Quegli stessi attivisti verranno messi a morte nel 1988 e i loro corpi gettati in fosse comuni. “Questa storia – racconta la scrittrice – spesso non è conosciuta nemmeno dagli stessi iraniani. Io sono nata in carcere nel 1983 e mio zio si trova in una di quelle fosse comuni.” Ai capitoli ambientati negli anni Ottanta seguono quelli più recenti: “Il 2009 è stato anche peggio – commenta l’autrice – se nel 1988 il regime uccideva, ma lo faceva di nascosto, negli anni più recenti ha cominciato a sparare per strada: era come se non avessero paura di mostrare quello di cui erano capaci.“
Nonostante la repressione, Delijani non perde la speranza: “Sì, sono passati 4 anni di dolore e confusione, ma gli iraniani non si scoraggiano. I movimenti riformisti hanno bisogno di tempo. Riforme significa lentezza. Il fatto più sorprendente è che oggi alcuni candidati parlano di diritti umani, qualcosa che non era mai successo. Il re è nudo e il regime ormai non nasconde più la sua natura.“
“L’albero dai fiori viola” è la storia – anzi, le storie – di una rivoluzione disattesa. “L’albero di Jacaranda, dal quale prende il nome il libro nel titolo – spiega la scrittrice – non esiste a Teheran. Mia nonna se n’era innamorata e decise di piantarlo in giardino, ma la pianta non sopravvisse al clima rigido della città. Quell’albero, per me, è come la rivoluzione iraniana: tutti nutrivamo grandi aspettative, doveva essere un bell’albero pieno di fiori. E invece andò male. Oggi però sono ottimista. Vedo troppa energia in Iran per non esserlo. L’albero è già fiorito un po’, ma i fiori sono troppo piccoli per essere visti.“