Narges Mohammadi, vice-direttore e portavoce del Centro dei difensori dei diritti umani di Teheran (fondato dal Premio Nobel per la pace Shirin Ebadi e chiuso dalle autorità nel 2009) ha scritto una lettera dal carcere al Procuratore generale di Teheran.
Nel testo, mentre sottolinea l’arbitrarietà del suo trasferimento nella prigione di Zanjan, l’attivista e prigioniera di coscienza afferma che considererà le autorità come le sole responsabili di qualsiasi incidente o avvenimento traumatico che potrà accaderle durante la detenzione.
Narges Mohammadi sta scontando nel carcere di Zanjan una condanna a 6 anni di carcere, e le preoccupazioni sul suo stato di salute sono aumentate nel corso delle ultime settimane. IHR Italia a nei mesi scorsi diffuso un comunicato per chiederne il rilascio immediato e incondizionato.
Questo il testo della lettera:
Nel nome di Dio,
al Sig. Abbas Jafari Dowlatabadi
Procuratore del Tribunale Rivoluzionario di Teheran
Con la presente, la informo che io, Narges Mohmmadi, mentre ero in libertà su cauzione, con una sentenza a 6 anni di detenzione a mio carico, sono stata arrestata nella mia casa il 21 aprile scorso da agenti del Ministero della sicurezza.
Dal 21 aprile al 16 maggio sono stata rinchiusa nella sezione di massima sicurezza 209 del carcere di Evin (Teheran). In quel periodo sono stata trasferita nella sezione generale femminile per 24 ore e poi rimandata indietro al braccio 209.
In tale situazione, le ho scritto tre volte, protestando per la reclusione nella sezione 209 di una persona che era stata già condannata in via definitiva, e le ho chiesto il mio trasferimento alla sezione femminile della prigione.
In un incontro avuto con il Sig. Reshtehahmadi l’8 maggio, l’ho esortato a farmi trasferire nella sezione femminile. Gli ho anche consegnato una lettera firmata di mio pugno in cui chiedevo questo trasferimento.
Ho sempre sottolineato il fatto che la reclusione nella sezione di massima sicurezza 209 di una persona già processata e condannata è illegale, e che io, secondo quando prevede la legge, avrei dovuto essere trasferita nella sezione femminile.
Non ho mai, né in forma orale, né in forma scritta, richiesto di essere trasferita in un’altra città, e certamente non a Zanjan.
Il 16 maggio scorso, alle 6 del mattino, gli agenti mi hanno svegliata, bendata e ammanettata, e mi hanno fatto salire su un’auto.
Inconsapevole di quello che stesse accadendo, nel corso del lungo tragitto, ho capito che eravamo partiti da Teheran. E’ stato solo in un tribunale di Zanjan che ho finalmente compreso di trovarmi a Zanjan.
E’ stato sostenuto che Narges Mohammadi ha personalmente richiesto il suo trasferimento a Zanjan: si tratta di una completa invenzione.
E’ stato affermato che, a causa della sua malattia, Narges Mohammadi aveva richiesto di essere trasferita a Zanjan: è totalmente falso.
Con la presente la informo che:
1 – Io protesto con forza contro il mio illegale trasferimento nella sezione femminile del carcere di Zanjan, dove sono recluse detenute accusate di crimini penali, e le chiedo di compiere i passi necessari per il mio immediato trasferimento nella sezione femminile del carcere di Evin, dove sono recluse prigioniere per reati non penali.
2 – Dovrebbe essere chiaro che, essendo entrata nel carcere di Evin, il 10 giugno 2010, in perfetta salute, il 1° luglio 2010 sono stata trasferita in ospedale a causa di gravi disturbi neurologici e psicologici.
Dopo cure mediche intensive e assumendo 18 pillole al giorno, sono stata dimessa dall’ospedale. Attualmente assumo 11 pillole al giorno, ma dopo il mio ultimo arresto queste medicine non bastano a tenere sotto controllo la mia malattia, che è perciò peggiorata.
Mi trovo attualmente reclusa tra 50 detenute condannate per omicidio, prigioniere in attesa di esecuzione per reati di narcotraffico e reati di immoralità, e perfino con detenute che hanno disturbi mentali e psicologici.
Da quando sono entrata in questa sezione del carcere, non ho provato altro che angoscia, tensione e paura, che stanno esarcebando la mia malattia di ora in ora.
La mia cartella clinica e l’opinione dei miei medici curanti suggerisce che la mia malattia abbia un rapporto diretto con l’aumentare della tensione.
E anche se è così, da quando sono entrata in questa sezione del carcere, ho fatto fronte a situazioni orribili che non sono nemmeno in grado di descrivere e di raccontare per iscritto.
Pormi in situazione di così intenso stress equivale a darmi da bere tazze di veleno che aiutano a distruggermi di ora in ora.
Costantemente e con la massima enfasi io affermo che un siffatto trattamento e siffatte azioni nei miei confronti stanno causando la mia morte lenta, e che la responsabilità di questo ricade sulle autorità.
Gli stimati funzionari che sono in possesso delle mie cartelle cliniche sanno molto bene che tenermi in condizioni di stress in carcere, specialmente dove sono recluse criminali comuni (assassine, prigioniere in attesa di esecuzione, narcotrafficanti, ecc.) – condizioni che, per il bene della nostra società non descriverò nei dettagli – equivale nei miei confronti ad un omicidio volontario, per il quale quei funzionari saranno direttamente responsabili.
Spero certamente che il mio non sarà un altro caso analogo al martirio di Haleh Sahabi e di Hoda Saber, che è stato affermato essere stati causati dal caldo e da uno sciopero della fame!
Se un altro incidente dovesse accadere, anche se dovesse sembrare attribuibile a cause naturali, io proclamo con la presente che non solo non sarà dovuto a cause naturali, ma che l’aggravamento della mia malattia e il verificarsi di qualsiasi evento traumatico, per me, in questa situazione, sarebbe da considerare come un fatto deliberato.
3 – La mia residenza giuridica e, ciò che è più importante, i miei medici e gli specialisti che mi hanno in cura (neurologo, psicologo, pneumologo, cardiologo e ginecologo) sono a Teheran. Poiché sono sotto le loro cure e terapie, devo essere visitata da loro per lo meno ogni due mesi, in quanto loro sono in possesso di tutte le mie cartelle cliniche e io sono sotto il loro controllo medico.
Il mio illegale trasferimento a Zanjan mi ha privato di tali cure e terapie. Le complicazioni e i danni derivanti da questo atto potranno essere irreversibili e questo è inumano.
4 – I miei figli di 5 anni, Ali e Kiana, non risiedono a Zanjan e devono inevitabilmente sottoporsi a lunghi viaggi di molte ore per recarsi in visita dalla loro madre. Questo è molto difficile per mia suocera, la Sig.a Rahmani, e per i piccoli, e forse sarà impossibile con il caldo estivo e il freddo invernale.
Già questo, di per sé, vuol dire mettere in una condizione di grave stress psicologico una madre detenuta.
Onorevole Procuratore, le condizioni sopra descritte e le istanze che spero di condividere con Vostra Eccellenza di persona, sono il lamento di una madre e di una sua compatriota che le scrive e spera di ottenere giustizia.
Spero che al più presto mi verranno accordate le condizioni necessarie per potermi recare dai miei medici curanti prima che la mia salute si deteriori ancora di più, e spero che mi venga accordata la libertà.
Con molta riconoscenza,
Narges Mohammadi
Fonte: Blog di Persianbanoo