Le forze di sicurezza hanno arrestato la giornalista Fariba Pajouh il 10 luglio scorso, sebbene un membro della sua famiglia ha dichiarato all’organizzazione International Campaign for Human Rights in Iran di non conoscere le ragioni del suo arresto.
“Quando sono venuti a prenderla, non hanno detto nulla. Durante le telefonate alla sua famiglia, Fariba ha detto di non essere a conoscenza dei motivi del suo arresto. Non so davvero cosa abbia potuto fare. Io so solo che non ha commesso alcuna violazione della legge. E’ una persona molto moderata e noi non sappiamo davvero perché sia stata arrestata”: è quanto dichiara un componente della sua famiglia.
Fariba Pajouh, che ha lavorato per diversi giornali riformisti, è stata arrestata la prima volta in seguito alle contestate elezioni presidenziali del 2009 e rilasciata dalla prigione di Evin dopo aver pagato una cauzione di 50,000 dollari, dopo 124 giorni di detenzione. Un tribunale condannò Pajouh a un anno di prigione. La sezione 54 della corte d’appello di Teheran ha poi sospeso la sentenza di un anno per cinque anni. Fariba non ha lavorato di recente con nessun mezzo di informazione.
” Il 10 luglio quattro agenti – tre uomini e una donna – sono andati a casa di Fariba. Hanno perquisito l’abitazione, preso il suo computer e altri effetti personali, incluso il ricevitore satellitare. Non le hanno spiegato le ragioni dell’arresto, le hanno solo detto che presto sarebbero ritornati”, ha dichiarato la fonte, che poi ha aggiunto che a Fariba Pajouh è stato permesso di chiamare la famiglia due volte: “ha detto di aver passato la notte in isolamento, ma le sue condizioni erano buone. Sembrava stesse bene. Ha detto alla famiglia di non preoccuparsi”.
In seguito al suo processo, racconta la fonte, “siamo andati alla Corte di giustizia, ma non abbiamo avuto risposte. Spero solo che Fariba torni presto a casa, perché non ha fatto nulla di male. Spero che la sua non sia una lunga detenzione, così come le hanno detto le forze dell’ordine mentre la arrestavano. Spero mantengano la parola data e la rilascino”.
Fonte: International Campaign for Human Rights in Iran
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