In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, Iran Human Rights Italia Onlus rinnova la sua denuncia e la sua protesta per la drammatica situazione dell’informazione indipendente nella Repubblica Islamica dell’Iran.
Dalle contestate elezioni presidenziali del giugno 2009, con la repressione che è seguita alle proteste popolari contro l’esito di quel voto, l’Iran ha occupato stabilmente uno dei primi posti nella speciale classifica di “più grande prigione al mondo per giornalisti”: 27 sono in carcere in questo momento, ai quali vanno aggiunti 19 blogger, secondo il più recente dato di Reporters Sans Frontières. Molti altri si trovano in libertà solo provvisoria e la minaccia incombente di pesanti condanne da scontare li costringe al silenzio e, di fatto, a dimenticare la professione o ad abbandonare il paese per scegliere l’esilio. Centinaia di testate sono state chiuse dalla macchina della censura del regime dal 2000 a oggi, mentre continua la lotta del governo al libero uso di Internet nel paese, sia con i frequenti rallentamenti del traffico web, sia con il piano di creare una rete nazionale chiusa al mondo esterno.
IHR Italia chiede ai media italiani di rompere il muro di silenzio che circonda da anni le condizioni dei giornalisti iraniani, ricordando almeno alcuni tra coloro che sono attualmente in prigione solo per avere svolto in modo indipendente la loro professione. Il giornalista economico Bahman Ahmadi Amouee, detenuto nel carcere di Evin (Teheran) e condannato a 5 anni per avere criticato la politica economica dell’amministrazione Ahmadinejad; Ahmad Zeidabadi, analista politico, esperto in affari medio-orientali, che sconta una pena di 6 anni nel carcere di Rajai Shahr (Karaj), così come Keyvan Samimi e Isa Saharkhiz, entrambi membri dell’Associazione per la difesa della libertà di stampa; Mehdi Mahmoudian e Mohammad Davari, rinchiusi da anni per avere denunciato i crimini commessi dalle autorità nel carcere segreto di Kharizak, dove almeno tre giovani ventenni, arrestati durante le proteste pacifiche seguite alle elezioni del giugno 2009, furono torturati a morte; Nazanin Khosravani, giovane giornalista richiamata recentemente a Evin per scontare una condanna a 6 anni; Masoud Bastani, Saeed Matinpour e tanti altri che hanno subito processi iniqui nel corso dei quali il loro lavoro giornalistico è stato usato come prova di reati quali “propaganda contro il regime”, “attentato alla sicurezza nazionale”, “offese al presidente e alla Guida suprema”, “adunanza sediziosa e cospirazione”.
IHR Italia ricorda anche con commozione Siamak Pourzand, giornalista ottantenne che, dopo decenni di prigione e di persecuzioni subite dalle autorità iraniane, ha scelto poco più di un anno fa di togliersi la vita, come gesto estremo di protesta e di disperazione.
IHR Italia esorta i media italiani a essere anche la voce di questi giornalisti coraggiosi, costretti al silenzio con la forza e contro il diritto, e chiede una volta di più, particolarmente in questo giorno, alle autorità italiane, europee e internazionali di fare tutto quanto è nelle loro possibilità perché i giornalisti iraniani prigionieri politici tornino in libertà e perché a tutti gli altri sia permesso di svolgere il proprio lavoro, in modo che la libera stampa possa dare il suo essenziale contributo al cammino dell’Iran verso la democrazia e verso il rispetto dei diritti umani.