Nel terzo anniversario delle contestate elezioni presidenziali del giugno 2009, Iran Human Rights Italia denuncia che la situazione dei diritti umani nella Repubblica Islamica dell’Iran non accenna a migliorare.
Molti dei prigionieri di coscienza arrestati nelle settimane e nei mesi successivi al voto, in seguito alle proteste contro i presunti brogli, sono ancora in carcere e scontano pene comminate al temine di processi iniqui nel corso dei quali i diritti della difesa sono stati negati. Altri, le cui condizioni di salute destano viva preoccupazione, si sono visti ripetutamente negare la possibilità di ricevere cure mediche appropriate: Narges Mohammadi, vice presidente del Centro dei Difensori dei diritti umani a Teheran, il blogger Hossein Ronaghi Maleki, a lungo in sciopero della fame, così come il giornalista e attivista per i diritti umani curdo Mohammad Sedigh Kaboudvand. In troppi casi (due solo negli ultimi trenta giorni) la negligenza delle autorità carcerarie ha già causato la morte di prigionieri di coscienza ai quali è stato impedito di curarsi.
La pressione delle autorità su studenti attivisti, giornalisti, blogger, difensori dei diritti umani, esponenti di minoranze etniche, politiche e religiose non si allenta. La libertà di stampa è sotto continuo attacco, il controllo sul traffico web sempre più asfissiante. I due candidati di opposizione alle presidenziali del 2009, Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karoubi, e Zahra Rahnavard, moglie del primo, da quasi un anno e mezzo si trovano agli arresti domiciliari. Nel frattempo, al Relatore speciale dell’Onu sulla situazione dei diritti umani in Iran, il dott. Ahmed Shaheed, le autorità iraniane continuano a negare l’ingresso nel paese.
IHR Italia ricorda con emozione le vittime che la violenta repressione governativa ha causato tre anni fa. Tra loro i giovani Neda Agha Soltan e Sohrab Aarabi; gli almeno 4 studenti uccisi da forze paramilitari in borghese nel corso di un assalto notturno ai dormitori dell’università di Teheran, la notte del 14 giugno 2009; i tre ventenni morti in seguito alle torture subite nel carcere di Kahrizak – Amir Javadifar, Mohammad Kamrani, Mohsen Ruholamini. Tutte vittime che, per ora, non hanno avuto giustizia.
Al tempo stesso, IHR Italia esprime preoccupazione e sconcerto per l’allarmante incremento nell’uso della pena di morte da parte dell’Iran nel corso di questi tre anni. Come ampiamente documentato dai rapporti annuali di IHR, le autorità iraniane hanno messo a morte oltre 1500 prigionieri dalle elezioni del 2009 ad oggi (78 solo nell’ultimo mese di maggio 2012), ed è sempre più diffusa la prassi delle impiccagioni in pubblico, con un chiaro uso politico della pena capitale, adoperata con evidente scopo intimidatorio, per rafforzare attraverso il terrore il controllo sulla società da parte del governo: “Terrorismo di stato,” come l’ha definito Mahmood Amiry-Mogghadam, portavoce internazionale di IHR.
In particolare IHR e IHR Italia colgono l’occasione di questo anniversario per richiamare l’attenzione sul caso di 6 detenuti (tra cui una donna) a imminente rischio di esecuzione. Tra loro ci sono cinque prigionieri arabi ahwazi – i tre fratelli Abdolrahman, Taha e Jamsheed Haidari, loro cugino Mansour Haidari e Amir Moawya, arrestati durante le proteste anti-governative del 2011 ad Ahwaz e accusati dell’omicidio di un membro della sicurezza, reato che – secondo i loro familiari – avrebbero confessato sotto tortura. Gli stessi parenti sono stati informati che l’impiccagione avrà luogo entro pochi giorni. La donna si trova invece nel carcere Adel Abad di Shiraz e ha 28 anni. Identificata come Maryam (nome ufficiale Safieh Ghafouri), è stata giudicata colpevole di omicidio.
IHR Italia chiede alla comunità internazionale di reagire esercitando ogni pressione possibile per salvare la vita di questi prigionieri.
L’organizzazione per la difesa dei diritti umani in Iran, infine, rivolge un appello a tutte le autorità, italiane e internazionali, ai media, all’opinione pubblica perché la crescente preoccupazione per il programma nucleare iraniano non distolga l’attenzione dalle violazioni dei diritti che hanno luogo ogni giorno in Iran: un tema – quest’ultimo – che non deve essere escluso dai tavoli della diplomazia. “Le autorità iraniane devono essere poste di fronte alle loro responsabilità e chiamate a rispondere delle violazioni commesse” – ha detto Marco Curatolo, presidente di IHR Italia. “L’impunità che circonda chi viola i diritti umani in Iran, tanto più se paragonata alle persecuzioni che colpiscono chi li difende, è uno scandalo che non può lasciare indifferenti”.
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