Mohammad Seddigh Kaboudvand, giornalista e attivista per i diritti umani curdo-iraniano, continua a digiunare da oltre un mese nel carcere di Evin e la preoccupazione per il suo stato di salute cresce di giorno in giorno.
La moglie, Parinaz Baghban Hassani, ha detto all’International Campaign for Human Rights in Iran di averlo trovato, nel corso di una recente visita, malato e indebolito, ma fermamente intenzionato a non interrompere il suo digiuno fino a quando le autorità non gli rilasceranno un permesso per recarsi al capezzale del figlio, a sua volta seriamente ammalato.
Kabouvand aveva cominciato il suo sciopero della fame a metà maggio, e lo aveva interrotto per pochi giorni in quanto le autorità carcerarie gli avevano promesso che avrebbero preso in considerazione la sua richiesta. Ma la promessa non era stata mantenuta e l’attivista aveva ripreso a rifiutare il cibo.
La moglie di Kaboudvand, estremamente preoccupata, chiede all’ONU e alle organizzazioni internazionali che esercitino ogni possibile pressione perché le autorità iraniane rispettino e facciano applicare le stesse leggi della Repubblica Islamica, norme che prevedono il diritto per un detenuto di godere di un congedo temporaneo per visitare i suoi familiari.
Parinaz Baghban Hassani mette in guardia contro l’eventualità che a suo marito possa toccare la stessa sorte di Reza Hoda Saber, giornalista e attivista politico, prigioniero di coscienza a Evin, morto poco più di un anno fa dopo una settimana di sciopero della fame, a causa di un attacco di cuore sottovalutato dal personale del carcere.
Nel corso di queste settimane Kaboudvand è stato in più di un’occasione trasferito nell’infermeria della prigione e in passato il medico legale ha già dichiarato che le sue condizioni di salute sono incompatibili con il regime carcerario, ma la magistratura ha rifiutato di dare peso a quel parere.
Mohammad Seddigh Kaboodvand fu arrestato il 1° luglio 2007 e accusato di “atti contro la sicurezza nazionale” per avere fondato l’Organizzazione del Kurdistan per i diritti umani (Rexistia Mafe Mirovan li Kurdistane, o RMMK) di cui è segretario. Per quest’accusa è stato condannato a 10 anni di reclusione, mentre un ulteriore anno di carcere gli è stato comminato per “propaganda contro il sistema”.
Ha curato per due anni la pubblicazione del settimanale in curdo e in persiano Payam-e Mardom, proibito dal governo nel 2006.
Nelle scorse settimane varie organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno diffuso appelli in suo favore, in particolare la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH) con la sua affiliata iraniana (la Lega iraniana per la difesa dei diritti umani) e Reporter senza frontiere insieme al premio Nobel per la Pace Shrin Ebadi.
Anche Iran Human Rights, lo scorso 7 giugno, tramite il suo portavoce Mahmood Amiry-Moghaddam ha chiesto con forza alla comunità internazionale di esercitare pressioni in favore di Kaboudvand e di altri prigionieri di coscienza iraniani la cui condizioni fisiche sono preoccupanti e la cui vita è in serio pericolo.
Fonte: Radio Zamaneh