Nuova stretta sulla libertà di espressione in Iran. Giornalisti e vignettisti nel mirino delle autorità.
La giornalista Solmaz Ikdar è stata condannata a tre anni di prigione per “insulti alla Guida Suprema” e “propaganda contro lo Stato”. Le accuse sono basate sul contenuto di un un post pubblicato sulla sua pagina Facebook. Stando a quanto riferito a International Campaign for Human Rights in Iran, il processo, presieduto dal giudice Moghisseh, ha avuto luogo il 20 ottobre 2015 e la sentenza a suo carico è stata emessa il 10 novembre 2015.
Ikdar, 33 anni, ha lavorato per diverse testate riformista, tra cui Shargh, Bahar, Farhikhtegan, e Mardom-e Emrooz.
La giovane giornalista era stata precedentemente arrestata nel 2008, condannata a sei mesi di carcere con pena sospesa, ed espulsa dall’università per “propaganda contro lo Stato”, per aver coperto la manifestazione annuale delle famiglie dei prigionieri politici messi a morte nel 1998. Nel 2011 Ikdar subisce una nuova condanna per aver partecipato alla sepoltura di Hoda Saber, un giornalista morto nella Prigione di Evin a Teheran il 12 giugno 2011, in seguito a uno sciopero della fame intrapreso in segno di protesta contro i maltrattamenti subiti dai prigionieri in carcere.
La reporter aveva cercato di lasciare l’Iran a giugno di quest’anno, ma all’aeroporto le è stato vietato di partire. “Stava per lasciare il paese per studiare all’estero, ma Ghotbi, l’assistente del Procuratore di Teheran, le ha vietato di mettersi in viaggio perché, secondo le autorità, Ikdar aveva intenzione di lavorare per la tv americana Voice of America”, ha riferito una fonte a International Campaign for Human Rights in Iran.
La giornalista Rayhaneh Tabatabeie, 35 anni, è stata informata, lo scorso 17 novembre, che la Corte d’Appello ha confermato la sentenza, emessa nel novembre del 2014 dal Giudice Salavati, a un anno di carcere e due di interdizione dall’attività politica e giornalistica.
Una fonte di International Campaign for Human RIghts in Iran ha riferito che l’accusa di “propaganda contro lo Stato” a carico di Tabatabaie è basata sui post critici nei confronti del governo pubblicati sulla sua pagina Facebook , ma anche sulle sue attività all’interno di Young Reformists Election Headquarters, un gruppo formatosi nel 2013 per promuovere l’elezione alla presidenza di Hassan Rouhani. E’ stata anche accusata di causare tensioni di carattere religioso con le sue interviste a personaggi di spicco di religione sunnita come Mowlavi Abdolhamid, il capo della preghiera del venerdì della città di Zahedan.
Tabatabaie ha lavorato per vari giornali riformisti, come Bahar, Kalameh Sabz, e Shargh. Nel novembre 2010 è stata arrestata dalla Guardia Rivoluzionaria e condannata a un anno di prigione, pena ridotta a sei mesi dalla Corte d’Appello, per accuse relative alla pubblicazione di notizie riguardanti il Movimento Verde. Ha scontato la sua condanna nella sezione femminile del carcere di Evin, a Teheran.
Il 16 novembre agenti dell’intelligence delle Guardie Rivoluzionarie hanno arrestato il giornalista e vignettista iraniano Hadi Heidari. L’uomo è stato prelevato dagli agenti mentre si trovava nella redazione del quotiano Shahrvand, a Teheran. Le autorità non hanno fornito alcuna informazioni ufficiale rispetto al suo arresto. La sua ultima vignetta, prima di finire dietro le sbarre, rappresentava solidarietà con il popolo francese in seguito agli attentati di Parigi.
Heidari era già finito nel mirino delle autorità iraniane. Nel 2009, fu detenuto per 17 giorni nella prigione di Evin con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza nazionale. Nel 2012 fu chiamato a comparire davanti al Tribunale per una vignetta dal titolo “bendato”, che secondo i critici intransigenti rappresentava un insulto agli eroi iraniani che avevano combattuto in Iraq. Heidari ha sempre negato ogni riferimento della vignetta alla guerra. Ma il tribunale rivoluzionario ha condannato il vignettista a un anno di prigione. Allo stato attuale non è chiaro se Heidari è stato arrestato per scontare la sentenza emessa nel 2012 o se ci sono nuove accuse a suo carico.
Si intensifica, quindi, il giro di vite ai danni di giornalisti e riformisti in Iran, in particolare contro chi usa i social media per esprimere dissenso.
Fonti: Reporter Without Borders e International Campaign for Human Rights in Iran