Oltre 50 noti prigionieri politici aprono a un dialogo con il presidente degli Stati Uniti d’America chiedendogli di cogliere l’ultima chance per la distensione. Ecco la lettera integrale, pubblicata in esclusiva dal Guardian.
Signor presidente,
Noi, attuali ed ex prigionieri politici in Iran, le scriviamo questa lettera per attirare la sua attenzione sui devastanti effetti delle paralizzanti sanzioni economiche e degli intensi tentativi di isolare diplomaticamente l’Iran dalla comunità internazionale. Questi tentativi si ripercuotono negativamente sulla vita della popolazione iraniana e si sono trasformati in gravi limiti per la vita politica del nostro paese. Questa lettera vuole essere una riflessione sulle serie preoccupazioni dell’opinione pubblica iraniana rispetto allo sconfortante futuro a cui può portare l’incessante conflitto tra Teheran e Washington. Vogliamo rendere pubbliche tali preoccupazioni.
Il conflitto sul programma nucleare iraniano, negli ultimi anni, si è sviluppato in un contesto pericoloso con gli Stati Uniti e più in generale con l’Occidente. Questo conflitto ha minato la fiducia e intensificato le ostilità tra le parti.
I contrasti hanno portato all’imposizione di sanzioni paralizzanti senza precedenti di cui è vittima la popolazione iraniana, che deve vivere sotto l’insostenibile pressione dell’inflazione e la mancanza di beni fondamentali per una vita decente. La cosa triste è che sembra che ci siano poche speranze di risolvere il conflitto.
Nelle recenti elezioni presidenziali in Iran (14 giugno 2013), è stato eletto un uomo politico che nella sua campagna ha promesso moderazione e decisioni ragionevoli in merito alla politica estera e interna. Questa amministrazione ha promesso di portare avanti un impegno costruttivo nelle relazioni internazionali e intende trasmettere un messaggio di cambiamento e di reciproco rispetto.
Crediamo che sia giunto il momento per i nostri due paesi di voltare pagina e dare inizio a una nuova era di comprensione reciproca. A nostro avviso, il mandato di questo governo potrebbe essere l’ultima possibilità di portare il conflitto verso una risoluzione ragionevole e reciprocamente accettabile. È chiaro che ci sono delle parti e degli attori in entrambi i campi che non desiderano che il conflitto giunga a una conclusione pacifica e che preferiscono vederlo proseguire a lungo. Ma la ragione richiede perseveranza negli sforzi diplomatici con l’obiettivo di raggiungere risoluzione più veloce e meno costosa possibile a questo conflitto.
Il presidente Rouhani è un uomo politico noto per essere un convinto sostenitore del dialogo e dell’impegno costruttivo nelle relazioni internazionali e gode di una solida base di sostegno in Iran. Egli ha anche un evidente passato di negoziazione con la troika dell’Unione Europea sulla questione del nucleare. Con l’elezione di questo presidente, la logica vorrebbe che le politiche del passato, e l’imposizione delle sanzioni economiche in particolare, cominciassero a cambiare e aprissero la strada a rapporti più costruttivi e di reciproco rispetto.
Continuare sulla strada delle pressioni intrapresa negli ultimi anni non farà altro che rafforzare la convinzione di una parte significativa dell’opinione pubblica iraniana che gli Stati Uniti non sono realmente interessati a risolvere il conflitto
Utilizzando le limitate opportunità che il sistema elettorale iraniano prevede, la maggioranza della popolazione iraniana ha espresso il desiderio di un reale cambiamento in ogni aspetto della politica, inclusa la politica estera del paese, e la fine del disagio economico che le politiche del precedente governo hanno imposto.
Noi crediamo che restare indifferenti a questo cambiamento e continuare con le politiche dell’ultimi dieci anni, con l’intensificazione delle sanzioni e ulteriori tentativi di tagliare fuori l’Iran dalla comunità internazionale e dal mercato mondiale, porterà una parte significativa della popolazione iraniana a dubitare che Washington sia davvero interessato a una risoluzione diplomatica del conflitto con l’Iran.
Le sanzioni economiche sono state il fattore chiave nella creazione di una situazione in cui il potere di acquisto di più della metà delle famiglie iraniane si è drasticamente ridotto negli ultimi due anni. Le sanzioni hanno influito negativamente sui settori produttivi e sulle esportazioni iraniana e hanno ridotto in modo significativo l’occupazione e gli investimenti nei settori civili come quello automobilistico, dell’acciaio, petrolchimico e delle costruzioni.
Signor presidente, tutta la popolazione iraniana, comprese le famiglie dei prigionieri politici e in particolar modo le fasce a basso reddito, stanno soffrendo sotto il fardello dell’incalzante inflazione e della carenza di medicinali e altri prodotti per soddisfare bisogni vitali. Le sanzioni si sono ora trasformate in una punizione collettiva imposta all’intera popolazione iraniana, non solo al governo. L’economia nazionale è affondata sotto i colpi ricevuti negli ultimi due anni e la forza dell’Iran come nazione-stato va riducendosi.
Il risultato concreto dell’intensificarsi delle sanzioni e del fallimento nel raggiungere una soluzione accettabile per entrambi le parti sarà l’ulteriore polarizzazione e l’intensificarsi dell’animosità. Tutto ciò, inoltre, minerà la sicurezza regionale e internazionale.
A forza di continuare su questa strada – e in questa direzione vanno le ultime mosse del congresso americano – si arriverà a un embargo de facto, il primo passo per una vera guerra. L’Atto di prevenzione nucleare (è del 31 luglio, 4 giorni prima della cerimonia inaugurale del presidente Rouhani) è l’esempio più recente di questi sforzi. In una guerra del genere, i supporter della democrazia in Iran, persone come noi, che hanno pagato – assieme alle famiglie – il prezzo delle battaglie per i diritti politici e civili, difenderanno l’indipendenza e l’unità territoriale dell’Iran. Gli Stati Uniti hanno già provato a opporsi alle forze popolari e democratiche iraniane in passato: è successo con il colpo di stato del 1953, contro il governo di Mohammad Mossadeh, e lei – da politico ben informato qual è – sa come quel cambio di regime ha avuto effetti nelle relazioni tra i due Paesi.
Presidente Obama, noi apprezziamo il fatto che la sua amministrazione abbia portato avanti, nei confronti dell’Iran, una politica diversa nella forma e nel contenuto da quelle volute dalle frange più intransigenti della maggioranza repubblicana nella Camera dei rappresentanti. Ma nello stesso tempo vediamo che i risultati pratici di tali politiche si riflettono nelle leggi passate dal congresso, che lei ha dovuto firmare come parte di un accordo più ampio con i repubblicani, relativo anche a questioni di tasse e sequestri. L’Atto per la pace e la contro-proliferazione in Iran, approvato il 2 gennaio ed entrato in vigore 15 giorni dopo l’elezione del presidente moderato, è l’esempio più recente.
Forse è segno di prudenza valutare criticamente la politica imperfetta dell’amministrazione Bush verso il governo del presidente Khatami. Oltre a complicare la questione nucleare, molto più semplice da risolvere in quel momento, il risultato ottenuto è stato rafforzare una corrente politica insensatamente estremista in Iran e aggiungere grosse barriere alla soluzione della sfida atomica. L’impasse di oggi è frutto di quella politica. Un’onesta analisi del turbolento decennio passato in medio oriente renderebbe più semplice capire che quel percorso non ha portato a risultati positivi. Adottare un approccio fallito in partenza complicherà ulteriormente la situazione e renderà la soluzione del conflitto più difficile da trovare.
Alcuni potrebbero pensare che le sanzioni aiuteranno la democrazia in Iran. Noi non siamo d’accordo. Pensiamo che la democrazia sia la sospirata fine di sviluppi interni. Ma le sanzioni, le imposizioni sulla popolazione e le pressioni sul nuovo governo non sono la giusta soluzione. Il risultato sarà, di nuovo, favorire indirettamente l’estremismo e indebolire il rinvigorito movimento democratico iraniano.
L’Iran ha bisogno di stabilità e speranza per intraprendere la strada della moderazione e della democrazia. La speranza e l’entusiasmo che l’elezione presidenziale ha portato si sgretoleranno sotto il peso dei devastanti effetti delle sanzioni sulle vite dei cittadini e dell’economia iraniana. Il risultato sarà radicalizzazione e più limiti nella politica interna, con effetti pericolosi per la sicurezza della regione e per la pace.
Le sanzioni e le imposizioni sulla popolazione vìolano i diritti fondamentali dei cittadini. Noi crediamo che tali azioni siano incoerenti con i diritti umani di base e lo spirito della costituzione americana.
Presidente Obama, pensiamo sia il momento di sostituire le sanzioni con uno sforzo per raggiungere una soluzione accettabile per entrambe le parti sulla questione nucleare. Per raggiungere tale obiettivo e data la natura cronica e radicata del conflitto, tutte le parti interessate dovrebbero battersi per una soluzione dignitosa in cui nessuno può considerarsi sconfitto. Teheran deve comprendere le preoccupazioni internazionali riguardo al programma nucleare iraniano, Washington e gli altri Paesi dell’occidente devono capire che l’Iran ha diritto all’energia nucleare per usi civili.
Chiediamo inoltre alla sua amministrazione e al nuovo esecutivo iraniano di lavorare con ogni mezzo alla costruzione della reciproca fiducia e all’assicurarsi il successo della diplomazia. Chiediamo anche di smettere di ricorrere a misure, attraverso leggi o altro, che mettono a repentaglio i negoziati, riducono la possibilità di togliere le sanzioni e rendono impossibile il raggiungimento di una soluzione permanente sul nucleare. Crediamo che un nuovo corso basato sulla buona volontà e su serie intenzioni di raggiungere una fine del conflitto permetterà ad ambo le parti di avere un futuro migliore, piuttosto che rimanere congelati nel triste passato. Noi speriamo che gli Stati Uniti colgano l’occasione creata dal popolo iraniano e tradotta nella vittoria elettorale di Rouhani. Speriamo anche che la reciproca buona volontà e l’adozione di appropriate misure da parte del nuovo esecutivo di Teheran aprano alla possibilità di dialogo e impegno costruttivo tra Iran e Stati Uniti in modo che gli interessi di entrambi siano soddisfatti al meglio.