La maggior parte delle esecuzioni, in Iran, avvengono per reati legati al traffico e possesso di droga. Secondo i dati di Iran Human Rights, più di 2500 persone sono state messe a morte per reati di droga negli ultimi cinque anni. Nonostante le dichiarazioni dei funzionari iraniani riguardo alla necessità di cambiare le leggi anti-droga, il numero di esecuzioni legate agli stupefacenti continua ad aumentare nel 2015. Almeno 506 persone sono state messe a morte con accuse per droga nei primi 8 mesi del 2015. Il 40% in più rispetto al 2014. Questi i dati presentati da IHRI nell’ambito del convegno “Le droghe non temono la pena di morte!”, promosso dalla stessa organizzazione in collaborazione con Amnesty International.
La maggior parte dei crimini legati alla droga viene giudicata dai Tribunali Rivoluzionari, a porte chiuse, e gran parte degli imputati non sono identificati per nome. I casi di cui Iran Human Rights ha avuto notizie dimostrano che le persone coinvolte sono estremamente povere e ai margini della società iraniana. Non sono terroristi e/o spacciatori armati, come dicono le autorità iraniane. Alcuni di loro sono, in realtà, innocenti.
Mahmood Barati, un insegnante di scuola, è stato condannato a morte sulla base di false testimonianze di un detenuto per droga. Le autorità non gli avevano sequestrato alcuna droga, l’uomo non aveva precedenti. La testimonianza era stata, in seguito, ritrattata due volte. Ma non è servito a salvare Mahmood. L’uomo è stato messo a morte nella prigione di Gehzelhesar il 7 settembre di quest’anno.
Diversi funzionari iraniani hanno ammesso, nel corso dello scorso anno, che la pena di morte non ha ridotto i reati legati alla droga. In realtà, il traffico di stupefacenti e la tossicodipendenza stanno aumentando anno dopo anno. Secondo un rapporto della polizia di Teheran, negli ultimi 9 mesi del 2014 in media 140 persone sono state arrestate ogni giorno a Teheran per accuse legate alla droga. Secondo quanto riportato, anche il numero di donne morte a causa di overdose è aumentato del 30%.
Intanto l’ Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC) continua la sua cooperazione con l’Iran per combattere il traffico di droga. La cooperazione è, tra l’altro, basata sulla legge che ha incrementato gli arresti per presunti reati di droga e ha favorito l’aumento delle esecuzioni. Diversi Paesi europei come la Germania, la Francia e l’Italia hanno finanziato tale programma. Altri paesi EU come la Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito hanno sospeso il loro finanziamento ai progetti UNODC in Iran, perché non vogliono contribuire all’esecuzione di diverse centinaia di persone ogni anno, come ha sostenuto Christian Friis Bach, Ministro dello Sviluppo danese.
Iran Human Rights ha invitato in numerose occasioni l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine e i Paesi che finanziano i programmi UNODC in Iran di condizionare la loro cooperazione a una moratoria sulla pena di morte per le accuse legate alla droga.
Iran Human Rights chiede al governo italiano di non sostenere ulteriormente i programmi di UNODC in Iran che favoriscono indirettamente l’aumento delle esecuzioni, essendo uno dei principali promotori dell’abolizione della pena di morte nel mondo. “Il governo italiano deve mettere la questione della pena di morte in Iran in cima all’agenda nell’ambito del dialogo con le autorità iraniane. E lo stesso dovrebbero fare gli imprenditori italiani che, soprattutto negli ultimi mesi, viaggiano verso l’Iran in cerca di nuovi accordi commerciali”, conclude Cristina Annunziata, Presidente di Iran Human Rights Italia.
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